Il Teatro Rossi Aperto a un mese dalla riapertura

Abbiamo ascoltato con grande interesse le dichiarazioni che, ad un mese dalla riapertura del Teatro Rossi, sono venute dai gruppi consiliari del Comune di Pisa. Ringraziamo per le attestazioni di stima e accogliamo senza scetticismo le buone intenzioni manifestate da molti degli intervenuti. Per questo, ribadiamo la nostra disponibilità senza riserve a discutere con loro. Affinché sia chiaro quale debba essere l’oggetto della discussione, onde evitare rischiosi fraintendimenti, vorremmo tuttavia essere precisi fin da subito su alcune questioni per noi capitali. La prima è che l’esperienza del Teatro Rossi Aperto, iniziata il 27 settembre scorso, continuerà senza alcun tipo di sospensione. Presentando alla Sovrintendenza un primo progetto di autorecupero, ribadiremo non solo che le opere di ripristino funzionale dovranno essere concordate con l’assemblea del teatro, ma anche che i lavori dovranno avvenire a teatro aperto (ovviamente nei limiti delle condizioni di sicurezza). Questo ci dà l’occasione per precisare (ed è la seconda questione) che ciò che sta accadendo al Teatro Rossi non è in nessun senso, com’è stato detto da alcuni, un’occupazione simbolica. Non si tratta di un’occupazione che, in quanto tale, una volta terminata lascerà ad altri “più titolati” il campo delle operazioni: un bene comune ha come solo proprietario legittimo i cittadini che ne fanno uso. Noi in quanto cittadini ci sentiamo perciò legittimati nel far vivere di nuovo il Teatro Rossi. Ecco perchè si tratta di una riapertura. Perchè la chiamiamo riapertura? Perché le centinaia di cittadine e cittadini che hanno partecipato in questo mese alle assemblee hanno espresso in maniera univoca l’esigenza che il teatro venga gestito direttamente da coloro che lo fanno vivere ogni giorno – non (è bene precisarlo) da chi ha riaperto il Rossi dalla prima ora, bensì da tutti coloro che vogliono partecipare alle assemblee pubbliche. Guardiamo con grande attenzione alle diverse esperienze che, a partire dall’occupazione del Teatro Valle, stanno realizzando nuove forme giuridiche e istituzionali per l’autogestione degli spazi e della produzione culturali secondo un fare comune, come uso civico di beni comuni. In questa prospettiva, la terza questione che vorremmo fosse chiara fin dall’inizio ai nostri eventuali interlocutori istituzionali è che non intendiamo dar vita all’ennesima micro-associazione per ottenere la nostra nicchia di privilegio, ma vogliamo contribuire (e già non siamo i soli) alla creazione di una nuova cultura e di una nuova pratica di riappropriazione e gestione collettiva degli spazi pubblici. Infine, una questione di forma e di sostanza: si dismetta, per favore, l’atteggiamento paternalistico che chiama “ragazzi” coloro che portano avanti l’esperienza del Rossi. Naturalmente, nelle nostre assemblee ci sono anche i “ragazzi”, studenti e giovani precari, ma insieme a loro ci sono lavoratori dello spettacolo, ricercatori e docenti universitari, cittadini di Pisa, insomma, che pensano sia venuto il momento di riprendere direttamente nelle proprie mani la vita della cultura e della cosa pubblica.

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