Riaprite il Teatro Rossi

Il Teatro delle Scelte.
Riaprite il Teatro Rossi Aperto

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Aperture e chiusure

Dopo 8 anni, 3 mesi e 20 giorni il Teatro Rossi Aperto è chiuso. È stato chiuso. Questi otto anni avevano interrotto un abbandono e una chiusura lunghe 60 anni. Le porte di ingresso sono state blindate con pannelli di acciaio e lucchetti, in una anonima e fredda mattina di gennaio, dell’anno pandemico 2021. Si apprende che questa azione di chiusura indeterminata per il prossimo futuro avviene per il ripristino della legalità da parte del Demanio che ne detiene la proprietà.

Dal 2012 ad oggi, il Teatro Rossi Aperto ha ospitato circa 600 eventi comprendenti spettacoli teatrali, concerti, danze, proiezioni cinematografiche, presentazione di libri, installazioni, mostre, manifestazioni di beneficenza, assemblee di promozione sociale, spettacoli per le scuole, festival di varie discipline, laboratori attoriali e di vario altro genere. Il teatro si è fatto ospite, in continua metamorfosi, di temi che trovassero ogni volta una declinazione culturale: diritti civili, diritti sociali, migrazioni, disuguaglianze, funzione pubblica dell’arte e della bellezza hanno trovato uno spazio di rappresentazione e narrazione per tante soggettività. Queste attività sono state possibili grazie all’impegno e alla passione della cittadinanza attiva. L’esperienza dell’assemblea di gestione del Teatro Rossi Aperto, poi dell’associazione, infine dell’Assemblea Costituente, ha dato un palco ulteriore alla cultura e all’arte, all’impegno di realtà emergenti come di realtà affermate, e a iniziative animate da tutta la città e aperte a tutta la città di Pisa.

Di illegale, in questo, non vediamo nulla: vediamo invece il ruolo di supplenza che abbiamo svolto, volenti o nolenti, per otto anni come Associazione, e negli ultimi 3 mesi come Assemblea Costituente, che attualmente vede impegnate diverse realtà cittadine con la ferma volontà di far vivere il teatro. Continuiamo a svolgere il compito di non cedere alla frammentazione sociale, a continuare a ritessere le fila della solidarietà, a rispondere al bisogno politico di fare cultura collettivamente e pubblicamente – come l’acqua, come l’aria. Un po’ di possibile per non soffocare. Ma il possibile non viene da sé, e se da parte delle istituzioni ci si aspetta che con la fine dell’emergenza sanitaria magicamente si tornerà a una normalità che era di per sé un problema, non si è forse compreso quanto profonda sia la crisi che stiamo attraversando. Quanto sarà lunga l’onda dello tsunami che investe oggi tutto il settore della cultura e dello spettacolo. Chiudere il Rossi in attesa che faranoici progetti vengano calati dall’alto, come spazi vuoti senza idee, è un attacco alla collettività, ma è anche il frutto di una grave mancanza di visione politica che rinvia a domani ciò che andava fatto ieri.

Sicuri che non sia sicuro?

Contrariamente a quanto sostenuto dal Demanio non sembra affatto che il punto sia la messa in sicurezza: non ci sono transenne, avvisi di pericolo, puntelli, impalcature; niente che abbia a che fare con la staticità del teatro ‘moderno’ più antico di Pisa. Nessun avviso è stato dato al vicinato su eventuali rischi di crollo, che avrebbero necessariamente minacciato anche gli edifici adiacenti. Ci sono solo pannelli d’acciaio a chiudere ermeticamente ogni accesso. Lo spazio non è stato restituito alla legalità ma sottratto alla cittadinanza; una cittadinanza che non stava “violando la legge”, oma restituendo un valore alla comunità. A violare la legge era lo stato di abbandono pluridecennale protratto con l’incuria delle istituzioni.

Il Teatro Rossi infatti non era nuovo a tentativi di messa in sicurezza mai andati a buon fine. Lavori di puntellatura, consolidamento e ristrutturazione sono stati intrapresi alla fine degli anni Settanta, alla fine degli anni Novanta, e ancora alla fine degli anni 2000, fino all’abbandono dell’ultimo cantiere nel 2010. Cantiere del quale, apparentemente, non c’è più traccia. La documentazione sembra essere scomparsa, tanto che neanche la Regione ha potuto ottenerla per il suo progetto di valorizzazione, che proprio per questo basava l’analisi tecnica sui lavori di vent’anni prima. Quattro tentativi di restauro in quarant’anni, con grande esborso di denaro pubblico (il progetto del 2007-2010 valeva circa 3 milioni di euro) fanno almeno un indizio, se non una prova. Mettere in piedi cantieri infiniti senza mai raggiungere il risultato e senza mai collaudare i lavori lascia il forte dubbio che il punto sia solo far fare affari ad un sistema immobiliare e non aggiungere beni e servizi alla comunità, come invece  vorrebbe l’articolo 42 della Costituzione che i movimenti sui beni comuni, anche a Pisa, hanno più volte preso a principio fondante – che si trattasse del Teatro Rossi Aperto o del Municipio dei Beni Comuni. 

Se c’è un problema di sicurezza è perché, nonostante i diversi e costosi cantieri, l’immobile non è mai stato messo in sicurezza come si sarebbe dovuto. Delle due l’una: o l’edificio del teatro è stabile, oppure quei soldi sono stati indebitamente percepiti da qualcuno. In ogni caso, rimandiamo l’accusa di violazione della legalità a chi la merita davvero: chi in diversi decenni ha prodotto ingenti danni erariali attraverso un ben oliato meccanismo che, in forme diverse e con esiti diversi, questa città conosce bene. È il principio del “cantiere per il cantiere”, senza nessun altro scopo se non quello di far convergere sul territorio finanziamenti di volta in volta regionali o europei, senza mai mettersi in ascolto delle esigenze e delle realtà operanti nel territorio. I protagonisti, a Pisa, sono illustri, in un rimpallo costante tra pubblica amministrazione, università e privati: dalla Domus Mazziniana allo spazio SMS e agli Arsenali Repubblicani, facilmente si arriva al mirabolante progetto degli (inesistenti e antistorici) Uffizi Pisani, museo inesistente nel quale si sarebbe dovuto trasformare un complesso di edifici che includeva il Teatro Rossi con il famigerato cantiere del 2007-2010.

Un appello

“Come l’acqua, come l’aria”, recitava uno striscione che quasi dieci anni fa appariva nel centro di Roma, calato dalla facciata del Teatro Valle. Il 14 giugno 2011 lo storico teatro romano diventava Occupato sull’onda di un grande movimento nazionale che rivendicava l’accesso pubblico e l’utilità collettiva dei beni comuni. Un anno e qualche mese dopo, il 27 settembre 2012, il Teatro Rossi diventava Aperto sulle stesse premesse. L’11 agosto 2014 viene sgomberato il Teatro Valle, che risulta ancora oggi chiuso; segue lo sgombero del Cinema Palazzo nelle ultime settimane dell’anno trascorso e, nelle prime settimane di quest’anno, anche il Teatro Rossi chiude forzatamente i battenti. Tutto ciò avviene proprio mentre le necessarie misure anti-covid fanno da deterrente naturale a qualsiasi forma di risposta sociale e politica. È chiaro, però, che come il retroterra che ha generato l’attuale Assemblea Costituente viene da lontano, i problemi a cui cercava di rispondere sono più antichi della crisi sanitaria. E non è più pensabile rimandare con lucchetti e blindature i problemi in attesa di soluzioni che non verranno, pur di non confrontarsi con i tentativi di soluzione che già esistono, animati dalla cittadinanza attiva.

Caro Demanio, caro Comune, cara Prefettura, cara Regione, cara Soprintendenza, cara città tutta, per otto anni abbiamo tenuto Aperto il Teatro Rossi. Sembrava impossibile, ma l’abbiamo fatto lo stesso. Lo striscione apparso sul fianco del Teatro il 27 settembre 2012 recitava: “cosa può il Teatro Rossi Aperto”. Un’affermazione, più che una domanda. Può la scelta delle istituzioni stare tutta nelle immagini che abbiamo visto nelle ultime ore? Le porte blindate dell’ingresso di un teatro, la desolazione aggravata dal clima di emergenza sanitaria e sociale che stiamo vivendo, la chiusura del futuro e del passato che ha animato il Rossi.

Rompete questo silenzio, fate la scelta giusta, riaprite il Teatro Rossi.

È una necessità, è un impegno verso la città e verso chi negli scorsi anni vi ha profuso amore e dedizione. Come l’acqua, come l’aria.

per aderire: sottoscrivi su https://riapriteilteatrorossi.it/ o mandaci una email a teatrorossiaperto@gmail.com 

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